25 novembre 2020 | LIFE PHOENIX SCUOLA. EDUCAZIONE O MITIGAZIONE DEI DISCENTI. IL CONFRONTO TRA DUE PROGETTI EDUCATIVI: UNO PROMOSSO DALLA REGIONE VENETO, L’ALTRO DAI CITTADINI. LA SALUTE O IL RISPARMIO ECONOMICO AL PRIMO POSTO?

di Donata Albiero

Come un fulmine a cielo per niente sereno – in epoca Covid nella quale viviamo, specialmente nelle scuole – arriva sulle nostre scrivanie elettroniche il Progetto Life Phoenix per la Scuola. Avevamo già avuto contatti con il Programma Life voluto dall’Unione Europea per salvaguardare le risorse idriche e avevamo apprezzato le grandi competenze dei ricercatori scientifici dei vari istituti nazionali e internazionali coinvolti, specie dell’IRSA-CNR e dell’Università di Padova, nonché di alcuni tecnici di altro profilo dell’ARPAV, tecnici e scienziati con cui continuiamo a interfacciarci in modo critico e costruttivo.

Abbiamo quindi aperto con grande interesse il documento del progetto “co-istituzionale”, arrivato improvviso e tardivo non solo sulle nostre scrivanie, ma anche presso le segreterie degli Istituti scolastici delle zone contaminate. Subito abbiamo quindi chiesto un’analisi e un parere alla coordinatrice del “nostro” progetto Scuola – la Prof.ssa Donata Albiero, già dirigente scolastico – arrivato al terzo anno scolastico. Un sano e serio confronto, tra contenuti e modalità, fatto da un esperto in materia.

Fin da principio la decontestualizzazione forzata dai territori ci è sembrata un tirare il freno a mano rispetto all’inoppugnabile pendenza degli argomenti scientifici specifici, soprattutto la chiara identità chimica delle sostanze emergenti tanto declamate, come il GenX e il C6O4, mai o troppo poco nominate e storicizzate. Per non parlare delle patologie e dei danni alla salute e alle economie di prossimità. Fermarsi solo sul “valore assoluto dell’acqua”, senza declinarlo ai territori, alle criticità, alle corresponsabilità, alla gestione “locale” delle risorse, ai danni effettivi, comporta dei grandi rischi pedagogici e probabili indirizzi politico-amministrativi che dovrebbero restare fuori dalla scuola.

Gli stessi prodotti audiovisivi proposti come lavori di cittadinanza attiva ai ragazzi, divisi in due sommari tronconi, “prodotti” legati a valori assoluti o a soluzioni sperimentali, mitigatrici della contaminazione, rischiano di diventare spot autoreferenziali di coloro che hanno “diretto” il Progetto e di comunicare appunto “mitigazione”, soprattutto nell’immaginario, e non un approccio critico e scientifico, creativo e costruttivo, il solo che può “bonificare” questo grande disastro ambientale accaduto nel Veneto occidentale.

Leggendo i dettagli del Progetto Life Phoenix si scopre infatti che esso nasce dalle buone intenzioni dell’Unione Europea, con ottimi partner scientifici, ma che ha come Ente Coordinatore non uno di questi, ma la Regione Veneto, la quale sappiamo ancora oggi impegnata nel processo di responsabilità Miteni [prossima udienza 30 novembre 2020, ndr] e lacunosa in modo sconcertante sulla questione bonifica del sito dell’azienda. Bonifica non ancora partita e bypassata al momento con una barriera idraulica – inefficace – scoperta anche qui tardivamente, come da nostra inchiesta [v. qui].

Per questo abbiamo chiesto un serio approfondimento su ciò che sta per entrare nelle scuole del Veneto alla nostra maggiore esperta in fatto di pedagogia e insegnamento, la Prof.ssa Donata Albiero, protagonista e ideatrice di decine e decine di lezioni-conferenze-assemblee sulla questione Pfas. Che significa migliaia di studenti in ascolto “attivo” e potenziale “azione” concreta, applicata ai territori. Non solo ai valori assoluti.
Buona lettura.

Comitato di Redazione PFAS.land

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Nella frenetica messaggistica – WhatsApp – tra i diversi componenti del Comitato di redazione Pfas.land, organo di informazione del Movimento No Pfas Veneto, autogestito e indipendente da ogni aggancio politico, mi arriva, inaspettato nella seconda metà del mese di ottobre, un documento riferito al progetto europeo. Targato Regione Veneto, intitolato LIFE PHOENIX PER LA SCUOLA, il documento è anticipato ai dirigenti scolastici in una mail del 29 giugno 2020.

Trattasi, recita la presentazione del progetto regionale, di un approfondimento «per una sensibilizzazione sul valore dell’acqua, sul suo uso consapevole e sui problemi collegati all’inquinamento, in particolare da Pfas», ovvero di una Azione che sviluppa, in particolare, l’obiettivo di «protezione e tutela dell’Ambiente». Tale Azione, viene chiarito, si sviluppa all’interno del progetto generale LIFE PHOENIX, il quale si propone come «approccio innovativo e multidisciplinare alla gestione della contaminazione ambientale coinvolgendo contemporaneamente soggetti istituzionali e il mondo della ricerca scientifica nei processi decisionali»

Finanziata da cospicui fondi europei, pari a 1.264.369,00 euro, a fronte di un budget di spesa previsto in euro 2.176.493, coperta per il 40% dalla Regione Veneto grazie a una delibera dell’agosto 2017, si è dato il via a questa grande operazione progettuale generale, la cui scadenza è fissata per il 31 marzo 2021. Ad ottobre del 2020 ha avuto inizio l’attività specifica sui Pfas nelle scuole superiori.

Alberto Peruffo, capo redattore di Pfas.land, mi chiede di analizzare il suddetto progetto e di riferire le mie impressioni a tutto il Comitato, raffrontandolo con il nostro, LA SALUTE NELLA TERRA DEI PFAS. Nuove pratiche di cittadinanza attiva”, un progetto per le scuole che coordino, frutto di un lavoro condiviso da parte del gruppo educativo, espressione del Movimento No Pfas. Accetto, senza alcuno spirito competitivo, anche perché una ulteriore riflessione su come e perché stiamo operando nelle scuole può esserci utile. Mi accompagnano, le attente osservazioni di mio marito, Medico per l’Ambiente ISDE.  

Dal punto di vista finanziario, è facile fare un raffronto. 
A differenza delle cifre esorbitanti del progetto Regionale, anche se non riguardante solo la Scuola, il nostro progetto non comporta alcuna spesa per le scuole né per alcun altro ente. Viene offerto sempre a titolo gratuito. Sono tre anni, che lavoriamo negli istituti scolastici autofinanziandoci, offrendo il nostro tempo e le nostre energie come contributo della nostra generazione ai ragazzi, vittime di uno sviluppo caotico del pianeta e degli errori delle generazioni precedenti. Il nostro è un percorso di cittadinanza attiva sul dramma del grande inquinamento da Pfas. Sono 17 le scuole venete che ci hanno accolto e sono 4.400 gli studenti incontrati, dal 2018 al 2020. Non cerchiamo finanziamenti né statali né privati per garantire la nostra totale autonomia e indipendenza; con questo spirito è stato stretto un patto tra vari professionisti (geologi, ex funzionari Arpav, referenti del territorio, docenti universitari, medici ISDE) e gli attivisti (appartenenti a 12 sigle di associazioni, comitati, gruppi, di cittadini del Territorio).                                  .

Sotto il profilo programmatorio, leggo l’impianto generale del progetto europeo LIFE PHOENIX, soffermandomi sull’azione che riguarda specificatamente la Scuola, facendo soprattutto riferimento al Kit didattico, proposto per docenti e studenti degli istituti secondari di secondo grado, confrontandolo con il nostro percorso destinato alla stessa utenza.   

Per rispondere al mandato che ci era stato dato dal Movimento No Pfas (assemblea di Bonavigo, 21 febbraio 2018) di penetrare nelle scuole, onde rompere il silenzio delle istituzioni, ci siamo chiesti quale dovesse essere l’obiettivo del nostro progetto educativo rivolto ai giovani studenti.

Le evidenze scientifiche sui rischi per la salute provocati dai PFAS imponevano che qualcuno informasse i ragazzi di quanto stava accadendo nel Veneto Occidentale e desse loro degli strumenti culturali per affrontare le varie problematiche aperte dalla grande contaminazione che aveva colpito più di 350 mila persone in tre province del Veneto. Ritenemmo, già da allora, che la nostra mission dovesse essere “la salute al primo posto”. E tale è stata, e continua ad essere, la presa di responsabilità da parte nostra nei confronti della comunità e del futuro dei ragazzi.

Rimango, quindi, perplessa leggendo che l’obiettivo generale del modello di LIFE PHOENIX, secondo quanto scrive la Regione, sia di «evitare o almeno ridurre la spesa pubblica necessaria per far fronte ai danni causati da inquinanti emergenti a livello di salute umana e per l’ambiente», dove, tra l’altro, come causa dei danni sono indicati gli inquinanti emergenti, tralasciando il fatto che tali inquinanti sono stati prodotti da qualcuno e usati da qualcun altro. Vero è che, l’obiettivo generale di LIFE (strumento finanziario per l’ambiente) dell’UE (Unione Europea) consiste nel «contribuire ad implementazione, all’aggiornamento e allo sviluppo della politica europea e della legislazione ambientale della UE cofinanziando progetti pilota […] ». Ma, laddove l’UE vede un contributo politico per aggiornare le leggi e le regole che, indirettamente, sono corresponsabili dei danni ambientali, non essendo state sufficienti a impedirli, la Regione Veneto [nota 1] indica il risparmio come finalità del progetto.                                                                  

Non entro nel merito delle azioni chiave del progetto generale europeo consistenti, leggo nel Kit didattico, nella creazione di un sistema informativo e statistico unitario per raccogliere in uno stesso data base tutte le informazioni sullo status del territorio, sulla salute dei cittadini e altro, in grado di creare interconnessioni tra i diversi dati e di monitorarli costantemente. 

Ancor meno mi addentro nella disquisizione sulle nuove tecnologie o metodiche che potrebbero mitigare la concentrazione di inquinanti all’interno delle varie matrici presenti nell’ambiente esplicitate nel kit offerto a docenti e studenti, né entro nel merito della narrazione di futuribili non ancora testate innovazioni, o la verifica di sperimentazioni in atto.

Ritengo più importante partire dall’analisi di quanto avviene oggi, prendendo atto della situazione critica che stiamo vivendo, di ciò che è necessario fare subito, hic et nunc. Voglio capire quale messaggio la Regione consegna ai ragazzi con il progetto specifico per quanto riguarda la TUTELA dell’ACQUA, così compromessa dagli inquinanti PFAS, all’interno di quale contesto e finalizzato a quale azione. 

La Prof.ssa Donata Albiero in un momento del Progetto Educativo Zero Pfas Anno Scolastico 2019/2020

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IL MESSAGGIO DELLA REGIONE

Nel kit per i docenti, a tal proposito, non si può non evidenziare una contraddizione profonda.                                                                                     

Da un lato, si ritiene correttamente che: «(…) bisogna adottare ogni precauzione per evitare che sostanze inquinanti raggiungano le acque sotterranee, soprattutto nella fascia ghiaiosa permeabile dell’acquifero indifferenziato, che costituisce la fascia più vulnerabile nonché l’area di ricarica di tutto il sistema di falde»; «anche le acque superficiali, laghi fiumi, mare devono essere protette dall’inquinamento».                                                                                       

Dall’altro, qualche riga più sotto, però si sostiene:
«L’unione Europea si è dotata di un complesso apparato normativo per la tutela della risorsa idrica il cui caposaldo è costituito dalla cosiddetta DIRETTIVA QUADRO SULLE ACQUE (Direttiva /60/CE) recepita dall’Italia all’interno del Testo unico in materia ambientale (D.Lgs 152/2006). La direttiva  si prefigge di agevolare l’utilizzo idrico sostenibile […] A tal fine, essa stabilisce i VALORI LIMITE di concentrazione, nelle acque superficiali e sotterranee per vari tipi di sostanze chimiche “prioritarie” e “pericolose prioritarie” per le quali gli stati membri devono assicurare la progressiva eliminazione degli scarichi, delle emissioni e delle perdite». […]
«Purtroppo, nonostante gli sforzi normativi, di controllo e di gestione, la sfida per garantire la qualità della risorsa idrica è ancora aperta. Uno dei problemi principali da affrontare è la CONTINUA IMMISSIONE SUL MERCATO (e di conseguenza nell’ambiente) di sostanze chimiche, spesso, ma non necessariamente, di nuova introduzione, le cui proprietà sono poco conosciute e per le quali non sono ancora disponibili limiti o prescrizioni normative: si tratta dei cosiddetti ‘contaminanti emergenti’».                            

Affermare che non si devono immettere inquinanti nelle acque e nel contempo fissare i cosiddetti LIMITI che ne consentono l’immissione legalizzata, è il nocciolo di una contraddizione di fondo che ha permesso, per sessant’anni di industrializzazione selvaggia e incontrollata nel Veneto, di inquinare drammaticamente la maggior parte del patrimonio idrico costituito dalle grandi riserve acquee sotterranee e consente tuttora di inquinare legalmente tutti i corsi d’acqua superficiali.

Eppure alcuni strumenti per risolvere il problema ci sono già.

Il Patto decennale STATO-REGIONE, siglato nel febbraio del 2016 e la Sentenza del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE del gennaio 2017 contengono molte innovative indicazioni per dare avvio a una soluzione dell’annosa questione. 
Si tratta di un insieme di progetti, elaborati dai tecnici della Regione, ben coordinati tra loro, funzionali alla bonifica del bacino del Fratta Gorzone. Nei programmi dettagliati, contenuti nei due documenti in questione, dei quali, stranamente, non si trova alcun accenno nel kit per i docenti /studenti, documenti che giacciono lettera morta nei cassetti della Regione Veneto, sono previsti una gran quantità di interventi per la TUTELA dell’ACQUA su tutta la filiera produttiva, a partire dalle materie prime utilizzate e del loro recupero differenziato, dalle modalità di intervento al riciclo delle acque depurate. Il ciclo chiuso delle acque con divieto di scaricare nell’ambiente i reflui della produzione industriale, per noi attivisti del movimento che entriamo nelle scuole, è la possibile soluzione che taglierebbe la testa al toro e che, se fosse inserita nella legislazione europea, creerebbe le premesse per una reale bonifica generale di tutti i corsi d’acqua superficiali e non solo del Fratta Gorzone.

Certamente la realizzazione di tali misure porterebbe a un aumento dei costi da parte delle imprese, che adesso, grazie alla attuale legislazione, non sentono sufficienti stimoli a modificare le modalità di produzione e di smaltimento dei rifiuti; tuttavia tali costi derivanti dalle nuove normative non sarebbero nemmeno lontanamente confrontabili con l’enorme vantaggio, da esse risultante per l’ambiente, la salute dei cittadini, la qualità dei prodotti agroalimentari, e per l’economia del Paese in generale. Pertanto, il problema è essenzialmente politico: il confronto tra gli interessi delle lobby e quelli dei cittadini e dell’ambiente. 

Chiuso questo argomento, che potrebbe aprire una costruttiva discussione pedagogica sulla politica ambientale/sanitaria della Regione Veneto e sui ritardi della UE rispetto al disastro ambientale planetario, mi imbatto, sempre nel Kit, in certe osservazioni sulla contaminazione ancora in atto, che considero, a dir poco, sconcertanti.  

Una delle foto simbolo della prima grande mobilitazione sociale contro i Pfas: la Marcia dei Pfiori, domenica 8 maggio 2016, da Montecchio Maggiore a Trissino

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MINIMIZZAZIONE, MISTIFICAZIONE O MITIGAZIONE

Mentre si enfatizza il ruolo degli oggetti di uso quotidiano come fonte di esposizione diretta ai PFAS, si minimizza il ruolo dell’acqua come «via di esposizione marginale per la gran parte della popolazione, salvo casi localizzati come accaduto, purtroppo in Veneto».

Mi colpisce, ancora la minimizzazione degli effetti sulla salute da parte dei PFAS:
«Non vi è ancora certezza sugli effetti che PFOA e PFOS possono avere sulla salute umana e molti studi sono in corso sotto questo aspetto». Affermazione grave, in barba alla mole di studi relativi alla reale grave nocività accertata di tali molecole, come altrettanto gravi altre affermazioni riportate, del tipo: «Purtroppo, negli ultimi anni l’industria sta sostituendo PFOA e PFOS con altri tipi di PFAS, in genere meno bio accumulabili ma altrettanto persistenti e mobili nell’ ambiente e soprattutto con proprietà tossicologiche pressoché sconosciute» – asserzione già smentita da anni dagli studi autoptici eseguiti a Tarragona, Spagna, che dimostrano il bioaccumulo di tali molecole negli organi più che nel sangue.
«[…]  In realtà per gran parte di questi nuovi PFAS non esiste alcun limite normativo. La storia infinita degli inquinanti emergenti continua!».

Quale proposta educativa deriverebbe ai ragazzi da siffatte informazioni? Tutto ciò che sta accadendo non è colpa di un destino cinico e baro ma di azioni umane dettate da interessi economici. Sconcerta che non appaia ancora chiaro il concetto di “norma” che mette le pezze ai crimini dell’uomo e che quindi questi rinnovati crimini “non normati” siano accettati in modo fatalistico, come fatti inevitabili fino a quando non interviene la norma, trascurando del tutto il principio di precauzione. In queste affermazioni mancano del tutto le basi fondamentali su cui si fondano i diritti dell’uomo a una vita sana e dignitosa. Si gettano invece le basi per i LIMITI e le NORME come semplici amministrazione dell’inquinamento. Mitigando le capacità critiche della popolazione.

Vi è un evidente contrasto tra le enunciazioni di carattere generale riguardanti il valore dell’acqua e la necessità di salvaguardare i punti deboli del sistema, cioè la fascia delle ricariche, e la storia della compromissione delle grandi riserve delle falde sotterranee del Veneto nel corso di sessant’anni, proprio per il mancato rispetto di quelle “regole a posteriori” che si vorrebbero insegnare ai ragazzi. Quello che manca al progetto didattico PHOENIX è l’analisi del contesto: è del Veneto che stiamo parlando e della pessima gestione del processo di industrializzazione selvaggia, responsabile dell’attuale disastro generalizzato delle acque superficiali e sotterranee. 

Non stiamo trattando in astratto su cosa sia l’acqua e come dovrebbe essere trattata; stiamo parlando dell’acqua presente nel territorio dove viviamo, imbevibile e pericolosa. La causa di tanto disastro non sono i Pfas ma coloro che li producono, coloro che li usano e li spandono nel territorio, coloro che, a vari livelli, consentono che ciò avvenga.

La responsabilità di quanto accade è dovuta all’azione degli uomini: è di questo che dobbiamo parlare se pretendiamo di uscire fuori dal circolo vizioso.

Nel caso specifico, come invece par suggerire il Kit, non sono certo gli studenti che debbono modificare qualcosa delle loro abitudini di vita (a parte l’attenzione all’acqua che si beve, al cibo che si mangia, a certi prodotti, utensili insani da boicottare) in quanto non sono loro ad aver determinato o a determinare l’inquinamento da PFAS. È il comportamento degli industriali, dei commercianti, delle lobby, dei politici che deve cambiare se si vuole veramente porre fine all’attuale disastro.

Non è possibile iniziare a bonificare se non si smette, prima, di inquinare.
Si deve parlare chiaro; la paura di “strumentalizzazioni”, come pure è stato scritto nel programma PHOENIX adottato dalla Regione, non esiste poiché le responsabilità sono quelle che sono e ogni omissione è un intralcio alla comprensione di quanto è avvenuto e di quanto ancora può capitare.      

Noi del Movimento No Pfas sappiamo bene perché siamo entrati nelle scuole e quale storia dobbiamo consegnare agli studenti, senza omissioni di sorta.                                                     

La nostra narrazione parla di una storia iniziata nel Veneto circa sessanta anni fa, il disastro ambientale causato dall’immissione nell’ambiente di sostanze chimiche dette Pfas, molecole perfluoroalchiliche prodotte dall’uomo, persistenti nell’ambiente, bioaccumulabili e tossiche.

La nostra narrazione racconta l’indegna azione perpetrata per decenni nello sversamento di Pfas nelle acque, un crimine ambientale non contrastato da chi avrebbe dovuto farlo, che ha provocato l’avvelenamento invisibile di acque e alimenti in cui sono coinvolte almeno 350.000 persone in vaste aree del Veneto. Riferisce un dramma che sta acquisendo, tra l’altro, rilevanza nazionale e internazionale, i cui effetti dannosi nell’uomo, si manifestano a distanza di anni, motivo per cui, purtroppo, non avendo la percezione immediata del pericolo che si corre, si sottovaluta il rischio. E sono i giovani, i bambini a farne maggiormente le spese. Ricordiamo soprattutto le patologie legate all’interferenze endocrine e la minaccia agli apparati riproduttivi.

Le modalità, le responsabilità, le omissioni, sono la storia del filo rosso, che attraversa l’intera narrazione del fenomeno inquinante, senza la cui conoscenza non è possibile comprenderlo né porvi rimedio.

Il collegamento con gli attivisti in USA durante «LET’S STOP THEM – Giornate contro i crimini ambientali» – 26/27 ottobre 2019

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LA NOSTRA STORIA CONCRETA. PER UN REALE CAMBIAMENTO

La nostra è la storia che evidenzia ogni giorno di più, attraverso la ricerca scientifica internazionale, l’ipoteca posta sulla salute dei cittadini, principalmente delle nuove generazioni. È la storia che non tralascia di individuare le responsabilità collettive e individuali – le corresponsabilità [V. INCHIESTA 1 e INCHIESTA 2] – le legittime richieste del popolo inquinato, le proposte per la soluzione del problema, di cui devono divenire parte attiva anche gli studenti. È la storia che vuole rendere le nuove generazioni – il cosiddetto futuro della nostra società – “visibili” nelle scelte della Politica, attivando la loro coscienza critica.

La qualità dell’ambiente, l’acqua pura e il suo “valore assoluto”, tanto esaltate a parole nel progetto regionale, ma non certo garantite nella realtà dei Territori in cui viviamo, sono davvero una condizione indispensabile per la vita dei nostri figli.  Qualità dell’ambiente, qualità dell’acqua diventano, però, cosa ovvia, quasi banale se decontestualizzate, come appare dalle premesse del Progetto Life Phoenix dove Miteni, GenX e C6O4 non vengono storicizzate come si deve. 

Non è compito nostro edulcorare la pillola: compito nostro è individuare le criticità, gli errori e i crimini lungo il percorso di questo evento non ancora terminato, denunciare i misfatti, cercare con gli stessi ragazzi risposte, possibilità di soluzioni, che non si riducono solo a stili di vita individuali virtuosi ma ad azioni collettive rivolte alle Istituzioni. Contiamo sul protagonismo dei ragazzi e facciamo leva sulla loro speranza di incidere e cambiare in meglio il loro futuro.

Riteniamo, comunque, utile il fatto che la Regione si sia finalmente attivata per parlare del problema Pfas nelle scuole. Confidiamo, tuttavia, che non si faccia di un progetto tardivo una celebrazione politica. Confidiamo che il canovaccio del video prodotto dai ragazzi sia il risultato di una inchiesta reale e la risposta al loro bisogno di sapere quanto è successo e cosa li aspetta. Non uno spot autocelebrativo senza i veri responsabili della contaminazione, astratto dai territori. Confidiamo che gli studenti pongano agli esperti le ‘giuste’ domande e che un ‘reale’ dibattito si sviluppi all’interno delle scuole svelando luci e ombre di quanto accaduto in Veneto per quanto riguarda la contaminazione da Pfas nel Territorio e faccia luce sulle mancate soluzioni.

Noi intanto continuiamo con il nostro Progetto nelle scuole, Covid permettendo.    

Il messaggio che portiamo viene da cittadini che chiedono di essere difesi dalle Istituzioni perché tale è il compito di queste ultime. Cerchiamo risposte ai mille perché dell’inquinamento, della contaminazione che subiamo, per salvaguardare la nostra salute e soprattutto quella dei nostri figli oggi e negli anni a venire.

Non mi stanco mai di ribadire quale è  la nostra mission che traduciamo nel progetto educativo: realizzare, insieme ai ragazzi, un cambio di paradigma culturale che ponga in primo piano la salute come diritto universale e prioritario. 
Nel caso specifico, svisceriamo le cause e gli effetti del disastro ambientale da PFAS, che continua, anche dopo la chiusura di Miteni, attraverso l’uso indiscriminato di tonnellate di prodotti contenenti perfluorati o polimeri da parte delle industrie.

Nell’analisi, capovolgiamo il punto di osservazione, guardando il fenomeno nel suo insieme dal punto di vista dei ragazzi e dei cittadini e non da quello delle lobby, delle industrie, di coloro che le sostengono o le rappresentano, reali responsabili di quanto avvenuto e di quanto avviene quotidianamente sotto i nostri occhi. Trattiamo la questione della ‘TUTELA DELL’ACQUA’ non come oggetto di PROFITTO ma come BENE COMUNE: conoscere per capire ed agire, per difendere e trovare soluzioni.

È, dunque, il nostro, un progetto positivo e di speranza, una dimensione di cura e responsabilizzazione, una maturazione civica, un praticare la politica come condizione comune di cittadinanza, da condividere nella scuola tra studenti e con gli studenti, per sperare davvero, senza retorica, in un futuro migliore.

E chissà, forse, i ragazzi, coinvolti nel nostro percorso attivo sui PFAS, dopo le riflessioni effettuate durante il corso, potrebbero farsi, loro stessi, promotori di una modifica o addirittura di una nuova legge Europea sull’Ambiente – aspettativa contenuta nel progetto LIFE PHOENIX – che dia un contributo sostanziale, alla soluzione del problema generato dai vecchi e nuovi contaminanti sversati nell’ambiente.

Donata Albiero

alberto_peruffo_CC

Comitato di Redazione
25 NOVEMBRE 2020

//             

Nota 1 >> [Direzione Prevenzione, Sicurezza alimentare, Veterinaria] > coordinatore del progetto LIFE Phoenix, in collaborazione con Azienda Zero, Arpav, IRSA-CNR, Università di PD.

Foto Cover >> la Prof.ssa Donata Albiero in un momento del Progetto Educativo Zero Pfas Anno Scolastico 2019/2020.

APPROFONDIMENTI PFAS.LAND

Nostro Progetto Scuola >> 21 settembre 2020 | SI RITORNA A SCUOLA ANCHE CON I PFAS E LE SOLUZIONI DI CITTADINANZA ATTIVA > Il Progetto Educativo Zero Pfas Anno Scolastico 2020/2021.

Inchieste Corresponsabilità >>
> 7 ottobre 2020 | IL CONCETTO DI CORRESPONSABILITÀ 2/2 – L’INCHIESTA BARRIERA/POZZO. L’OCCULTAMENTO DI UN CADAVERE AMBIENTALE EMERSO DALL’INCROCIO DI DOCUMENTI E TESTIMONIANZE. L’ACCORDO STATO-REGIONE-INDUSTRIA PER NASCONDERE I PFAS
> 7 settembre 2020 | IL CONCETTO DI CORRESPONSABILITÀ 1/2 – L’INCHIESTA GENX/C6O4. LA RELAZIONE SOTTOVALUTATA DI ARPAV E L’AUDIZIONE POCO CONVINCENTE DELLA PROCURA. IL PASSO DECISIVO

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