29 agosto 2023 | FORMULA DI UN DISASTRO INVISIBILE. GENESI E PRESENTAZIONE DI UN LIBRO DI MOVIMENTO. DA PARTE DELL’EDITORE

di Steve Bisson

«Una mappa per orientarsi nell’articolato sviluppo di uno tra i più gravi casi di contaminazione dell’acqua nella storia d’Europa. Una ricerca editoriale nata dalla volontà di Federico Bevilacqua, biologo e cittadino dell’area colpita dal male invisibile, che per diversi anni ha documentato l’evolversi della lotta civile riassunta nella bandiera del Movimento No Pfas. Una storia che è divenuta simbolo in Italia di militanza, di difesa della salute e del diritto all’acqua come bene pubblico. Il libro include un’articolata struttura editoriale che raccoglie brevi saggi, un vasto apparato di immagini, e una cronistoria che aiuta il lettore a ripercorrere la vicenda. Il tutto affiancato da mappe, infografiche, illustrazioni e fotogrammetria aerea per inquadrare il territorio, tracciare la geografia dei corsi d’acqua e del sistema idrografico».

Senza indugiare in ulteriori introduzioni per un’opera editoriale dove siamo fortemente coinvolti, riportiamo sopra l’abstract del libro del fotografo Federico Bevilacqua e invitiamo a leggere quanto scritto sotto per mano di Steve Bisson, editore e Direttore del dipartimento di fotografia presso l’Università Paris College of Art.
Comitato di Redazione PFAS.land

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FORMULA DI UN DISASTRO INVISIBILE

La prima volta che ne ho sentito parlare a fondo è stato da Federico. Federico Bevilacqua. Era venuto a trovarmi ad Asolo per uno scambio sulla fotografia. Mi disse che si stava interessando alla vicenda dei Pfas e del caso della Miteni a Trissino. Avvertii da subito il peso che Federico si sentiva addosso. Un fardello non indifferente, qualcosa che pressava le sue fondamenta morali prima ancora che professionali. Come un’ombra scura che lo seguiva ovunque. Ho sempre pensato che quanti si interessano, consapevolmente, della “cronaca ambientale” non possono farne a meno. Non so se dipenda dal richiamo di Gaia, da un sesto senso di sopravvivenza o da una postura etica che spinge la responsabilità del guardare oltre il recinto del proprio giardino. Sta di fatto che molte persone sentono il dovere di agire a prescindere dalla legislazione vigente (in questi casi spesso tardiva, compiacente o inadeguata), dalle norme di buona condotta, dai doveri familiari. «Sentivo una rabbia che non avevo mai provato prima. Come un chiodo puntato sulla schiena che mi spingeva avanti», sono parole di Michela Piccoli (co-fondatrice del gruppo Mamme No Pfas). In Federico ritrovavo altrettanta necessità. La stessa che mi aveva spinto 25 anni prima a scrivere una tesi di laurea sulle politiche ambientali nel distretto conciario della Valle del Chiampo. Un poco decaffeinata a leggerla con il senno di poi. Tuttavia l’urgenza era lì. Quell’ombra in agguato, ieri come oggi, un monito dell’impronta che ci lasciamo alle spalle. Federico rovesciò sul tavolo della conversazione una quantità di informazioni la cui gravità non lasciava spazio ad altro. In quel periodo non ero certo immune a fatti di inquinamento ambientale. Ero coinvolto nella redazione de La Terra di Sotto, un viaggio nel “settentrione tossico” assieme al fotografo Luca Quagliato e al giornalista Luca Rinaldi. Lì per lì, tuttavia, non potevo immaginare che quel sentito mi avrebbe coinvolto a tal punto da lasciare un solco indelebile nella mia cartografia. Quel giorno abbiamo deciso che ne avremmo fatto qualcosa insieme. Federico da abitante di Arzignano, da persona coinvolta nell’area incriminata, da biologo e coltivatore di immagini (sì perché delle immagini bisogna che ce ne curiamo prima o poi). E il sottoscritto da editore e assiduo sostenitore dell’educazione come antidoto alla stupidità.

L’obiettivo era chiaro. Federico avrebbe continuato a fare ciò che aveva già iniziato a realizzare. Una testimonianza degli avvenimenti che si susseguivano attorno alla vicenda. Manifestazioni, sit-in ai tribunali, passeggiate cognitive, incontri con le autorità politiche e tecniche e tutto quel brulicare di iniziative mosse da associazioni, comitati e da altri corpi attivi. Affianco a tutto ciò si sarebbe mosso alla scoperta, o meglio alla riscoperta, del territorio e dei suoi abitanti. Come Elisa Dalla Benetta, medico di base a Zimella un piccolo comune di circa 5.000 abitanti in piena zona rossa. «A uno di loro ho chiesto se, quando erano in spogliatoio, non avesse notato colleghi con le mammelle… “E lei come fa a saperlo, dottoressa?” mi ha risposto sbalordito. Gli ho spiegato che quello è un effetto delle alterazioni ormonali. “È vero, avevamo tutti le tette e ci vergognavamo”». Questo graduale processo documentale di Federico si è dispiegato con non poca fatica, e col passare degli anni è divenuta una militanza indispensabile. Questa “cronistoria” getta le fondamenta della pubblicazione “Formula di un disastro invisibile”, edita nel dicembre del 2022. Senza di essa, senza questa “battaglia di presenza” di Federico non ci sarebbe stato un libro. La partecipazione diretta di Federico alla lotta del movimento ha costituito l’humus sostanziale, non tanto per un fatto di credibilità bensì di autenticità. 

La volontà era di offrire un aiuto per colmare un vuoto che ha dell’inquietante. Vasta è ancora la massa che ignora la vicenda in oggetto, uno dei più gravi attentati alla salute pubblica in Europa. Le ragioni sono molteplici eppure ve n’è una di inoppugnabile. E il libro parla chiaro in merito citando dalla prima pagina il report del 13 luglio 2022 di Marcos Orellana delle Nazioni Unite: «le autorità hanno omesso di avvisare i residenti delle aree interessate e di diffondere informazioni sull’inquinamento e sui rischi che le sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche rappresentano per la salute dei residenti.» E aggiunge, «hanno omesso di richiedere o condurre indagini dettagliate delle aree contaminate»1. Sono parole forti e inequivocabili, dure da inghiottire quando si considera l’entità del danno. Parole che comunque da sole non bastano. Vanno contestualizzate, articolate, georeferenziate, e poi irrigate di impegno civile per non farle appassire. In questo senso prezioso è il collettivo di ricerca e scrittura PFAS.land, sorgente preziosa di informazione sulla materia.  

Il contesto nazionale ci ha aiutato a tracciarlo la giornalista Marina Forti, già autrice di un articolo I veleni nelle acque del Veneto apparso su Internazionale il 5 agosto del 2020 e corredata da una foto a colori di Federico della fabbrica dei veleni. Nel suo scritto introduttivo, che apre il volume, ci ricorda perché lo stabilimento di Trissino è un caso paradigmatico dell’industrializzazione italiana. «Di costi ambientali non si parlava. L’inquinamento si vedeva: ma sembrava un danno collaterale, un prezzo da pagare al benessere». Una riflessione ripresa nell’intervista con un altro giornalista Marco Milioni, che chiude il libro, provando a trarne una “morale”: «La modernità ha creato qui una ferita non ancora rimarginata e sono tantissime le persone che faticano a mettere in discussione un certo sviluppo per via di quella povertà contadina rimasta impressa nell’inconscio collettivo». Non è allora sufficiente descrivere i casi di Marghera, Taranto, Seveso o Trissino. Dobbiamo interrogarci sul perché accade. Le radici sembrano affondare più in profondità di quanto crediamo. La formula non riguarda solo composti chimici, ma culturali e antropologici.

Per questo, sotto il profilo metodologico, “Formula di un disastro invisibile” fa propria un’indagine al plurale. Ad articolare la vicenda ci hanno aiutato diverse persone. Il dottor Vincenzo Cordiano, tra i primi ad esporsi professionalmente per segnalare alle autorità competenti l’incidenza epidemiologica dei Pfas in Veneto. La sua testimonianza ci aiuta a fare chiarezza e a intendere meglio le dinamiche nefaste della trama in oggetto. Ad esempio «la maggior parte delle aziende della provincia di Vicenza si rivolgeva a laboratori privati per effettuare gli esami medici di controllo sui loro dipendenti, la Miteni si rivolgeva all’ospedale di Arzignano, vale a dire all’ULSS – quindi l’ente che avrebbe dovuto esercitare un controllo su questa attività – e pagava per questo servizio. Quando il “controllore” viene pagato dal “controllato” è chiaro che c’è qualcosa di profondamente sbagliato. Questo conflitto di interessi si è tradotto in un mancato controllo, in una sorta di benevolenza nei confronti di questa azienda, che nella valle dell’Agno ha avuto un ruolo importante nello sviluppo del territorio, sia positivo che negativo». 

All’avvocato Edoardo Bortolotto che rappresenta diverse parti civili del processo in corso al tribunale di Vicenza abbiamo demandato una sintesi della vicenda storico-legale che vede diversi filoni di indagine e imputati. Una ricostruzione marcata da capitani d’impresa che lasciano il “rebus ambientale” irrisolto. «L’azienda nel frattempo aveva cambiato padrone: fondata dai Conti Marzotto fu poi acquistata dallo stato e in seguito rivenduta all’Eni Montedison che dapprima ne fece una joint venture con la Mitsubishi Corporation – da qui il nome Miteni – e poi a fine anni 2000 gliela cedette per intero, fino all’ultima cessione da Mitsubishi  a International Chemical Investors – ICIG Group, un colosso tedesco con base in Lussemburgo, che ha rilevato  Miteni nel 2009 da Mitsubishi al prezzo simbolico di un euro.» Una staffetta industriale degna di una telenovela finanziaria. Tuttavia «accertamenti hanno dimostrato che l’azienda dal 2009 sapeva  dell’inquinamento, aveva installato una barriera idraulica, i lavoratori erano stati contaminati e grazie anche a una perizia affidata dalla procura al professor Tony Fletcher (che aveva fatto parte del Comitato della DuPont  negli USA) c’è stato il rinvio a giudizio che ci vede oggi in tribunale». E qui finiamo oltre oceano, da Robert Bilott, altro avvocato, ambientalista, di Cincinnati, noto per le cause alla DuPont per conto di querelanti proprio per i danni da Pfas. Un caso reso “celebre” nel 2019 da film “Dark Waters” (Cattive Acque). Le sue parole ci hanno confortato in corso d’opera a proseguire nonostante le molte difficoltà a sostenere, anche economicamente, la divulgazione di una pubblicazione scomoda. «È importante accrescere la consapevolezza nella gente delle questioni ambientali, come la contaminazione mondiale da Pfas del nostro ambiente e delle persone. Altresì occorre incoraggiare le persone a parlarne e a domandare il cambiamento, e soprattutto, a mostrare al pubblico storie come quella di Wilbur Tennant in West Virginia che ci ha portato a scoprire il problema Pfas e a capire che anche solo una persona che si erge in piedi per denunciare una situazione può cambiare il mondo». Non ho mai pensato che “Formula di un disastro invisibile” fosse una ricerca esaustiva, specie perché è una vicenda ancora in divenire e la battaglia è lungi dall’essere conclusa. Ma che potesse essere di esempio, una buona pratica per dare voce ad altre storie simili. E ve ne sono ancora tante come documentato nella citata precedente pubblicazione di Penisola (La Terra di Sotto, 2020). Sempre Bilott nel suo generoso contributo alla pubblicazione scrive: «Mettere a disposizione documenti e fatti scientifici per mostrare come l’informazione impatti sulle persone è particolarmente potente.» 

Per questo abbiamo realizzato un atlante del danno che permette di navigare il territorio (anche con visioni da drone per apprezzare la vasta complessità dei paesaggi compromessi) e di mappare le zone di inquinamento, la rete delle acque reflue, i corsi d’acqua, il sistema delle nuove condotte idriche per la sostituzione delle fonti contaminate. Al geologo Dario Zampieri abbiamo poi chiesto di aiutarci a schematizzare la sezione idrogeologica della Valle dell’Agno al fine di meglio comprendere la struttura del sottosuolo avvelenato e a prefigurare la magnitudine dell’impatto sulla biosfera. Non da meno, è d’obbligo rammentare secondo Zampieri che «il Prof. Antonelli insieme a Mari del CNR pubblicò all’inizio degli anni Novanta una fondamentale carta idrogeologica della vulnerabilità naturale e del rischio di inquinamento delle acque sotterranee nelle valli Agno, Chiampo e antistante pianura2. Una ricerca finanziata dalla Regione Veneto e dal Servizio Geologico Nazionale. Dunque, sono almeno 30 anni che si conosce la struttura del sottosuolo di quest’area». Questo capitolo ci ricorda di un’altra emergenza ancora sottotraccia: «non sappiamo con certezza quali zone sono da evitare per i prodotti alimentari. Vi è una sorta di censura sull’argomento, poiché ammettere la problematica significa provocare un disastro immane per diversi comparti economici e quindi per la stabilità sociale. D’altra parte, non intervenire sperando che le cose si risolvano da sole non è opportuno. Anzi, nel tempo la situazione è destinata a peggiorare perché queste sostanze sono bioaccumulabili e i soggetti più a rischio sono i bambini e i feti nelle donne incinte. PFAS.land, nella persona di Davide Sandini, ha in parte supplito alla carenza di informazione trasferendo il data base delle analisi delle acque, un foglio excel illeggibile, in un sistema informativo territoriale (GIS) che consente di visualizzare i valori della contaminazione in una mappa elettronica navigabile. Quindi, i cittadini hanno ora a disposizione uno strumento accessibile per orientarsi nel territorio.»

Si diceva poco anzi che le semenze una volta deposte vanno quindi “irrigate di impegno civile per non farle appassire”. Perciò il breve saggio di Alberto Peruffo con un titolo secco “L’attivismo”. Già autore di Non torneranno i prati (Cierre Edizioni, 2019) e coordinatore di collettivi di attivisti, tra cui PFAS.land, contro i crimini ambientali, l’attivista politico socio-ambientale oltre ad aver sostenuto la nostra scalata editoriale condividendo fonti e relazioni, nel suo testo invita a ri-considerare la parola “scelta” che ci può portare a separare, a distinguere, a prendere una via rispetto ad un’altra. «Scegliere è spesso la cosa più difficile del mondo. Non tutti hanno la forza e la volontà di scegliere. Alcuni per le precarie condizioni di vita, altri per la domesticazione che la vita consueta, l’abitudine porta con sé. Una specie di tranello dalle mille sfaccettature che l’umano ha inventato senza rendersene conto, come primo ingenuo atto di difesa contro il tempo che scorre e scappa via. Tanto da far scegliere gli altri, invece di scegliere per conto proprio. Credendo di risparmiare tempo ed energia, rinchiudendosi in uno spazio domestico, addomesticato, nell’inerzia di massa, dove invece potrà filtrare un male invisibile. Come un inquinante perfetto, dalla formula apparentemente buona e simmetrica. Come il C8 dei Pfas o qualcosa di simile». Ho imparato da Alberto che a remare contro corrente si fatica, a volte ci si incaglia, e che se si è un movimento, e in tanti a scegliere insieme, si raggiungono mete giganti. Questa è la lezione di Trissino che ho scelto di raccontare come editore. Mi auguro che questa storia non si ripeta, e che la sua lettura ci aiuti a scegliere diversamente in futuro. 

“Formula di un disastro invisibile” è anche un tributo editoriale a chi ha avuto la forza di scegliere e prendere posizione. Un ampio bacino di mamme solidali, cittadini tenaci, professionisti audaci, di corpi militanti, come Federico, che hanno voluto capire, partecipare, documentare e dunque esserci. É grazie a loro se ora è in corso un processo, se enti e autorità preposte sono uscite dal letargo, e se altre comunità offese guardano alla Valle del Chiampo come ad un modello di “reazione civica”. 

Nel mentre scrivo la bonifica è ancora al palo e molto altro resta ancora da fare per arginare questa triste pagina di capitalismo predatorio e lesivo dell’ambiente e della salute. Perciò serve prospettiva. Per risolvere il passato occorre anche uno slancio rivolto al futuro. Un esempio positivo ci arriva dalle iniziative del Gruppo Educativo Zero Pfas, capace negli ultimi 6 anni di coinvolgere e formare migliaia di studenti e studentesse di decine di istituti scolastici del Veneto. L’obiettivo, più in generale, è di alimentare una coscienza critica e autentica tra i più giovani, affinché possano essere vigili, responsabili e propositivi rispetto ai cambiamenti della società. Auspicare dunque ad una coscientizzazione che favorisca un “riscatto ambientale”. Oltre ad alzare la soglia di attenzione “ecologica” la leva dell’educazione può servire a nutrire scelte di consumo più consapevoli. La rete virtuosa dei Gruppi di Acquisto Solidale (G.A.S.) da tempo sostiene produzioni e commercio di prodotti alimentari sani. La vicenda Pfas, e del grave inquinamento delle acque superficiali e nel sottosuolo, invita a rivisitare i parametri del cosiddetto Km Zero nel fabbisogno agricolo. Se è innegabile l’importanza di valorizzare le specificità locali è anche vero che, di fronte ad una calamità come quella veneta, occorre espandere la dinamica solidale alla sfera dell’etica per scongiurare ulteriori danni e attentati alla salute pubblica.

Steve Bisson*
24 agosto 2023

COMITATO DI REDAZIONE
29 AGOSTO 2023

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Galleria Libro

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NOTE

  1. Marcos Orellana, Visit to Italy – Report of the Special Rapporteur on the implications for human rights of the environmentally sound management and disposal of hazardous substances and wastes. OHCHR, United Nations, 13 luglio 2022.
  2. R. Antonelli e G.M Mari, Carta della vulnerabilità naturale con Note illustrative, scala 1:25.000. C.N.R. – Gruppo  Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche, Pubbl. N.  947, Venezia, 1993

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*Steve Bisson (Treviso, 1976) si forma come urbanista ed esperto di politiche territoriali. Abbraccia lo studio dell’immagine quale forma di investigazione e rappresentazione dei conflitti sociali e ambientali. Direttore del dipartimento di fotografia presso l’Università Paris College of Art. A Parigi è co-fondatore del programma Blurring the Lines, network accademico internazionale che promuove il dialogo su educazione e produzione di immagini nel contemporaneo. Ha collaborato da curatore con festival, musei, gallerie, fondazioni in tutto il mondo. Responsabile editoriale di Urbanautica Institute, piattaforma online di ricerca sull’antropologia visuale e sui paesaggi culturali. Ha fondato la casa editrice Penisola Edizioni. Attualmente direttore artistico del centro culturale Lab27 di Treviso.

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SCHEDA ANAGRAFICA
Formula di un disastro invisibile
di Federico Bevilacqua

Testi: Robert Bilott, Edoardo Bortolotto, Vincenzo Cordiano, Marina Forti, Marco Milioni, Alberto Peruffo, Michela Piccoli, Dario Zampieri

Progetto grafico, cartografia: Roberto Vito D’Amico

A cura di: Steve Bisson

Prima edizione. 2023
300 copie
24 x 16,5 cm
232 pagine
Brossura cucita
Italiano

ISBN: 978-88-32108-26-2
Penisola Edizioni

Link al sito web >> https://www.penisolaedizioni.com/prodotto/formula-di-un-disastro-invisibile-federico-bevilacqua/

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